Lo chiamavano vient' 'e terra - Enzo Gragnaniello (Album 2019)

Cari amici di Vinyl Chronicles, siamo giunti al nostro novantesimo racconto, ed oggi voglio parlarvi di un album e di un artista che mi sta particolarmente a cuore, Enzo Gragnaniello. L'album di cui vi parlo è "Lo chiamavano vient' ‘e terra", uscito nel 2019. Ascolto Enzo Gragnaniello e acquisto i suoi dischi da quando ero bambino, e negli anni il nostro rapporto è cresciuto fino a diventare un'amicizia. Ho avuto il piacere di collaborare con lui in alcuni progetti recenti, organizzare concerti e persino salire sul palco con lui più volte. Per me, Enzo non è solo un artista straordinario, ma una persona con cui condivido un legame speciale.

L’album è frutto di un percorso interiore lento e meditato. Il disco precedente risale a quattro anni prima, un tempo durante il quale ha raccolto tantissimo materiale, scritto e composto con la calma necessaria, lontano dalle logiche di mercato. Per Enzo, fare musica significa vivere, non sopravvivere. La sua arte è come un mosaico fatto di frammenti della sua vita, piena di contraddizioni, emozioni, romanticismo e bellezza.

L’album "Lo chiamavano vient' ‘e terra" è, in un certo senso, il racconto della sua esistenza. Dodici tracce che ha composto interamente da solo. Mi ha detto di preferire questo approccio perché, oggi, grazie alla tecnologia, non è necessario andare sempre in studio per creare musica. A casa, ha la libertà di cogliere l’ispirazione e lavorare alle melodie e armonie nel momento stesso in cui le vive. Anche se in studio poi si rifinisce il tutto, per Enzo la fase domestica è cruciale per mantenere un sound personale, autentico, libero da stereotipi.

Il titolo dell'album, "Lo chiamavano vient' ‘e terra", è intriso di memoria e simbolismo. Il "vient' ‘e terra", tecnicamente una brezza che soffia dalla terra verso il mare, qui assume un doppio significato: sia come forza della natura, sia come metafora di libertà e cambiamento. Mi ha raccontato di come, da bambino, insieme agli amici, correvano per i vicoli gridando ’o vient’ ‘e terra, combinando ogni genere di marachelle, un’immagine che evoca spensieratezza e ribellione. Ma il brano va oltre questo ricordo: narra anche del viaggio a Milano intrapreso a quindici anni, un’esperienza reale di ricerca di libertà.

La libertà, per Gragnaniello, è un tema centrale. Nonostante sia tornato a vivere a Napoli, sente ancora quel bisogno di evadere, di sentirsi libero. Ogni giorno fa lunghe passeggiate da Santa Lucia fino a Mergellina, alla ricerca di quella connessione con la città che lo tiene ancorato, ma allo stesso tempo gli permette di respirare aria di libertà. La libertà è per lui la consapevolezza di essere in sintonia con l’universo, di capire che siamo di passaggio su questa terra.

Un altro tema che attraversa l’album è il tempo. Nel brano "Mmano 'o tiempo", Enzo riflette sulla capacità dell’uomo di essere padrone del proprio tempo. Se riusciamo a fermarci e stare in silenzio con noi stessi, possiamo smettere di essere schiavi dell’ansia e, invece, dare significato a ogni istante. È un messaggio potente, che invita alla consapevolezza e alla presenza.

L’amore, per Enzo, è strettamente legato alla libertà e alla divinità. In "Si tu me cunusciss’", ci invita ad aprirci all'amore. Molti, secondo lui, smettono di crederci dopo esperienze dolorose, ma il vero amore è quello che ci rende liberi. Nei suoi testi usa spesso simbolismi profondi, capaci di risvegliare la sensibilità e la fantasia di chi ascolta. Per lui, l’amore è legato a Dio, una forza superiore che ci guida e ci illumina.

L'album contiene anche riflessioni sociali e politiche. Nel brano "Gli uomini ego", Enzo parla del potere e della politica. Secondo lui, molti leader sono guidati dall'ego, dalla voglia di prevaricare, piuttosto che da una vera presa di coscienza. Ma ci sono anche persone, come i veri intellettuali, che sanno guardare oltre e si lasciano emozionare dalle cose più semplici, come le stelle. Sono loro a offrire una via di fuga dal potere corrotto.

Un altro brano importante è "Povero Munno", un pezzo che appare anche nel disco di James Senese.
Enzo mi ha raccontato che aveva scritto il testo e la musica per il proprio album, ma quando James gli ha chiesto un brano, ha deciso di offrirglielo. La loro amicizia è profonda, e questo gesto di condivisione è la prova della loro grande sintonia artistica. Ogni versione del brano è unica, con arrangiamenti che riflettono le diverse sensibilità dei due artisti.

In "’A delinquenza", Gragnaniello riflette su come il male possa annidarsi in ognuno di noi. La delinquenza è descritta come una larva, un'entità che può emergere in momenti di debolezza. Non si tratta solo di criminalità nel senso stretto, ma anche di piccoli atti che possono danneggiare gli altri. Un concetto che fa riflettere su come tutti noi, in certe situazioni, possiamo cadere preda delle nostre fragilità.

E poi ci sono gli interpreti. Enzo ha scritto per artisti straordinari come Mia Martini, Roberto Murolo, Andrea Bocelli e tanti altri. Ma quando gli ho chiesto chi, secondo lui, ha colto meglio l’anima della sua musica, mi ha risposto che tutti ci sono riusciti, perché lui cuce i brani su misura per chi li canta. Come un sarto che realizza un vestito perfetto.

Tra i riconoscimenti più cari a Enzo ci sono le tre targhe Tenco, ma ricorda con particolare affetto il Premio Concetta Barra, un omaggio a un’artista che ha sempre ammirato.

In conclusione, "Lo chiamavano vient' ‘e terra" è un album che riflette profondamente l’anima di Enzo Gragnaniello: romantico, spirituale, e pieno di vita. Un mosaico musicale in cui ogni brano ci offre una parte della sua storia e della sua visione del mondo, raccontata con quella sensibilità unica che solo lui sa trasmettere.

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